Se parlassimo, ad esempio, di praseodimio, oppure di lantanio od ancora di gadolino quanti saprebbero dire di cosa si tratta?
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Pochi o nessuno probabilmente, ma forse tra non molto questi nomi diventeranno famosi anche ai non addetti ai lavori: sono le cosiddette «terre rare» (17 elementi) e saranno sempre più importanti dato che la nostra attuale società si regge ormai sulla tecnologia.
Senza le terre rare non sarebbe possibile infatti costruire i telefonini o i computer o i televisori ad esempio (qui sono impiegati l’europio ed il fosforo rosso per i quali, al momento, non si conosce un prodotto alternativo), oppure vengono utilizzate per le lenti ottiche, i craking del petrolio, i condensatori ceramici, le batterie ecc. ecc.
Ok, ma qual è il problema? Primo che, come dice il nome stesso, sono rare (non tanto come quantità, ma come concentrazione tale da renderne conveniente lo sfruttamento); secondo che la Cina si è mossa per tempo e ha messo le mani su importanti giacimenti arrivando così a detenerne il monopolio (suo il 97% delle risorse!).
E’ evidente a tutti il pericolo delle due cose insieme, la nostra civiltà potrebbe fermarsi o potrebbe, nella migliore delle ipotesi, dover sottostare ai ricatti di chi le possiede: è stato calcolato che nei prossimi 25 anni la domanda di neodimio, ad esempio, potrebbe aumentare del 700%, quella del disprosio del 2600% !
Si parla tanto, per il prossimo, non lontano, futuro di una «guerra dell’acqua», bene, eccovi servito un altro tema sul quale riflettere.
Una soluzione potrebbe (dovrebbe!) essere quella dei recuperi. Si dovrebbe cioè procedere con il riciclaggio su larga scala di tutti i prodotti tecnologici dismessi.
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