Il nichel è un metallo dall’aspetto argenteo, appartiene al gruppo del ferro, il suo numero atomico è il 28 e viene indicato con il simbolo «Ni», le sue caratteristiche sono la durezza, la malleabilità e la duttilità.
Il suo nome deriva dal diminutivo dello svedese Nicolaus e pur essendo stato “scoperto” solo nel 1751 se ne è trovata traccia in manufatti risalenti al 3500 a.C., oggi il suo utilizzo più noto è forse quello delle monetine di piccolo taglio, i famosi “nichelini” appunto.
Ma l’impiego che più ci interessa è quello naturalmente in gioielleria: parliamo dell’oro bianco che può essere ottenuto con l’aggiunta di nichel, allo stato attuale unico metallo che permetta di ottenere un buon colore bianco oltre a dare buona lavorabilità alla lega, o del ben più costoso palladio.
Il problema è che si è poi scoperto che il 10% della popolazione femminile (ma anche quella maschile è soggetta, anche se in misura minore) è sensibile al nichel che, a contatto con la pelle, può causare una reazione cutanea (eritema).
La comunità europea è intervenuta per la prima volta nel 1994 con una direttiva (94/27/CE) che ha introdotto tutta una serie di limitazioni alla possibilità di utilizzo del metallo negli oggetti destinati ad essere a contatto con la pelle, quindi non solo orecchini, orologi od anelli, ma anche, ad esempio, lampo, bottoni, fermargli ecc., quando il tasso di cessione è superiore a 0,5 microg/cm²/settimana.
Direttiva poi divenuta legge nel ’99 (con applicabilità nel 2000), quando sono state definite le norme alle quali attenersi per i metodi di determinazione del contenuto di nichel e per il suo rilascio.
La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Italiana n.138 del 15 giugno 2000.
Nel 2006 è stata poi anche creata l’ «Agenzia europea per le sostanze chimiche» (ECHA – European Chemicals Agency) ed emesso un Regolamento Europeo (1907/2006).
Dal 1° aprile 2013 è entrata in vigore la norma EN 1811/2011 (in sostituzione della vecchia EN 1811/2008) che sta creando molti problemi ai nostri orefici, sia fabbricanti (che peraltro producono gioielli anche per i mercati asiatici e gli USA dove invece non sembrano sussistere restrizioni di questo tipo) che negozianti.
Qual è la sostanziale differenza: che sono cambiate le prove di rilascio e che la soglia adesso risulta essere 10 volte più bassa. Le associazioni di categoria che, tramite Unionfiliere, hanno commissionato un apposito studio, hanno appurato che su 34 leghe testate soltanto una ha superato l’esame.
Il problema più grosso è quello delle vecchie giacenze per le quali non è stato concesso nessun periodo di smaltimento; fino al 31 marzo l’escamotage era quello di esportare in paesi extraCee, ma dal 1° aprile non è più possibile farlo.
A questo punto le soluzioni possono essere o l’impiego del palladio (si sta testando anche l’uso del manganese) od di una rodiatura (o la meno costosa palladiatura) con la quale venga impedito il rilascio del nichel entro due anni dall’acquisto (finitura galvanica peraltro non ammessa sull’oro giallo e che, comunque, non deve incidere sul titolo finale) o, estrema ratio, la fusione degli oggetti per il recupero del puro contenuto.
Secondo alcuni ci sarebbe ancora una possibilità: in considerazione del principio «tempus regit actum», ovvero ogni azione è regolata dalla legge in vigore al momento, la merce immessa sul mercato (cioè già consegnata dai produttori ai negozianti) prima dell’introduzione della nuova legge sarebbe commerciabile. In teoria, potendolo dimostrare, potrebbe anche essere così, ma il rischio interpretativo è troppo alto per poterlo correre.
Per quanto riguarda invece le nuove produzioni è necessario che i fornitori di leghe rilascino delle dichiarazioni che attestino l’idoneità del prodotto; prassi che dovranno seguire anche i produttori perché ogni lavorazione potrebbe poi andare ad incidere sui valori di cessione. Anche se di fatto è l’azienda produttrice del gioiello, quindi quella che pone il suo marchio di fabbrica, l’unica responsabile nei confronti del cliente finale nel rispetto della Normativa UNI EN 1811/2011.
La presenza di nichel, naturalmente nei limiti di cessione concessi, dovrà invece essere obbligatoriamente indicata su confezioni e/o etichette.
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