E dopo il «Bric» ecco il «Mikt». L’autore dell’acronimo però è sempre lui, Jim O’neill della Goldman Sachs (anche se qualcuno lo attribuisce invece a George Magnus, ex della USB).
Avevamo già spiegato cosa fosse il Bric, ovvero la sigla che sta ad indicare il Brasile, la Russia, l’India e la Cina (sigla che ora si è trasformata in Brics per l’arrivo del Sud Africa), i paesi più importanti tra quelli, considerati una volta, emergenti.
Ed infatti stiamo parlando ormai di dieci anni fa, ma ecco che adesso altre nazioni si stanno affacciando sullo scenario internazionale e, riuniti sotto questa nuova sigla, troviamo allora: Messico (la sua economia vale 1050 miliardi di dollari), Indonesia (700 miliardi), Corea del Sud (1000 miliardi) e Turchia (725 miliardi).
L’ “invenzione” del Bric è risultata essere così buona che ora vive di vita propria: ci sono indici azionari che ne portano il nome, ma soprattutto i cinque paesi hanno iniziato a riunirsi periodicamente (l’ultima volta ad aprile in Cina) tanto che, alla fine, ne è derivata la nascita del G14.
L’indice «MSCI Emerging markets», che valuta l’andamento delle piazze finanziarie dei paesi emergenti, nell’ultimo anno è cresciuto del 18%, contro l’11,1% dei paesi sviluppati. Ed i paesi del Mikt hanno registrato performance prossime al 30 per cento.
Siamo già sulla buona strada perché questa seconda sigla ottenga il successo della precedente.
E in un mondo che cambia così in fretta a quando il prossimo acronimo?
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