La parola «alchimia» si crede provenga dall’arabo «al-kimiya», probabilmente derivando dal greco «khymeia» che significa «fondere», «colare insieme».
Tanto si è scritto su questa misteriosa pratica che, dai più, è associata esclusivamente alla trasformazione dei metalli vili in oro.
Ma la tradizione alchemica, attraverso un linguaggio cifrato, ad un modo di esprimersi per simboli ed allegorie, racchiude lo spirito di un insegnamento segreto, di natura sapienziale.
Nel loro aspetto esteriore (essoterico) tutti i testi parlano di operazioni chimiche e metallurgiche, soprattutto della fabbricazione dell’oro e della produzione della pietra filosofale, così come dell’elisir di lunga vita, in realtà si trattava di una percorso iniziatico (esoterico) esposto sotto il travestimento di un linguaggio in codice («conoscere interiormente ed esteriormente la proprietà di tutte le cose» – A. de Saint Didier – «Il Trionfo Ermetico»).
Le sostanze di cui parlavano i testi erano simboli per forze e principi: così, ad esempio, l’«oro», per sua natura incorruttibile, era considerato l’ideale di perfezione al quale tendere. Sotto questi “travestimenti” le operazioni riguardavano dunque la trasformazione non dei metalli, ma dell’essere umano: l’alchimia, detta anche «Ars Regia» in occidente, era quindi una corrente sapienziale, una via iniziatica per il raggiungimento di uno stato spirituale superiore.
Ma passando da Ermete Trisgemisto («Ermes il tre volte grande», il dio greco al quale si fa risalire il «Corpus Hermeticum»), ad Alberto Magno, da Ruggero Bacone a Paracelso, da Tommaso d’Aquino a Isaac Newton la «ricerca di sé» si trasforma sempre di più in magia, in occultismo, fino ad arrivare ad essere la base dalla quale nascerà la chimica moderna.
Ma se con l’oro e l’argento che noi trattiamo non ci sono dunque punti di contatto, possiamo invece tenere sempre presente gli insegnamenti che ci sono pervenuti: «nessuno può arrivare ad eccellere nell’arte alchemica senza conoscere in se stesso i principi, e più si avrà la conoscenza di se stesso e più si compiranno cose grandi e meravigliose» (Agrippa – «De Occulta Philosophia»).
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