La valutazione di un diamante segue il criterio delle “4C”:
“Cut” (taglio), “Color” (colore), “Clarity” (purezza) e “Carat weight” (peso).
Vediamole una per una.
TAGLIO
Il taglio, inteso come tecnica, è importantissimo perché è ciò che determina la brillantezza della pietra. Diverso il discorso per quanto riguarda la forma che può assumere la pietra dopo il taglio, che è puramente una questione di gusto personale.
COLORE
La “scala normale del colore” parte dalla lettera “D” (bianco eccezionale) per arrivare a “Z” (giallo chiaro). Naturalmente più il diamante si avvicina al bianco e più è prezioso, ma nette colorazioni verdi, rosse ed azzurre risultano molto pregiate.
PUREZZA
Le “inclusioni” determinano il grado di purezza di un diamante. Si parte da “Internally Flawless” (IF), esente da inclusioni visibili anche al microscopio a 10 ingrandimenti, passando poi da “Very Very Small Inclusion” (VVS 1 e 2) e “Very Small Inclusion” (VS 1 e 2) con inclusioni difficilmente visibili con la lente, a “Small Inclusion” (SI 1 e 2) dove le inclusioni sono facilmente individuabili, per finire a “Included” (P1 o I1 – P2 o I2 – P3 o I3) dove le inclusioni sono facilmente rilevabili anche ad occhio nudo.
CARATI
Il peso di un diamante si misura in carati. Un carato corrisponde ad un quinto di grammo ed è suddiviso in 100 punti (in pratica un diamante di 0,25 carati ha 25 punti). La parola “carato” deriva dai semi del carrubo che, nell’antichità, si pensava avessero sempre lo stesso peso e quindi venivano utilizzati come unità di misura.
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Maggio 9th, 2008 at 12:34
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