L’oro era risalito fino a quasi 1255 $/oz, ma non ha avuto la forza di rompere la resistenza e portarsi a quota 1270 $/oz., anzi a metà settimana è tornato sotto i 1230 $/oz.
Le prospettive erano per un rialzo della quotazione dell’oro sfruttando il rallentamento del QE americano (FED) e l’inizio di quello europeo (BCE).
Sembrava insomma che fosse cambiato il sentimento verso l’oro: dalle previsioni che lo davano ormai prossimo ai 1000 $/oz si era passati a riconsiderarlo un bene rifugio (vedi l’aumento delle posizioni long sul mercato dei futures di New York).
Forse, in questo momento, hanno però inciso le proiezioni sul referendum svizzero che danno la vittoria dei no: se passasse infatti i forti acquisti di oro che a cui sarebbe inflatable water parks stata costretta la BSI avrebbe sicuramente spinto in alto le quotazioni, così invece gli entusiasmi si sono po’ raffreddati.
Anche dall’Asia non giungono buone notizie. Non solo l’India non ha abbassato i dazi sull’importazione dell’oro, come il premier aveva promesso in campagna elettorale, ma qualcuno chiede anche di rivedere le facilitazioni su alcuni controlli doganali perché, dopo la frenata iniziale sugli acquisti, questi sono ripartiti, con 95 tonnellate nel solo mese di settembre. L’importazione di oro pesa come seconda voce, dopo il petrolio, sulla bilancia dei pagamenti indiana.
Il rallentamento dell’economia cinese, maggiore del previsto, il peggiore dato dal 2009, mette un po’ di timore ai mercati mondiali perché, naturalmente, va ad incidere sul volume delle importazioni di questo paese.
La quotazione massima dell’oro in dollari/oz è stata di 1254,30 martedì 21 e la minima di 1227,38 giovedì 23; il dollaro è stato scambiato a 1,2837 martedì 21 e a 1,2626 giovedì 23.
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