«Nec quae praeteriit hora redire potest»
L’ora passata non può tornare, diceva il poeta Ovidio (Ars Amatoria-3,6)
Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo perché non è infinito, scorre scandito da ogni giro della lancetta del nostro orologio.
A volte l’orologio si ferma, non il tempo purtroppo.
Ma c’è chi è capace di mettervi sapientemente mano e farlo tornare a funzionare.
La «Real Time S.r.l.» ha festeggiato i suoi dieci anni d’attività e per celebrare l’avvenimento ha organizzato, il 19 ed il 20 aprile, delle visite guidate in quella che fu la «Casa dello Zecchiere», in collaborazione con i soci di «Città nascosta», associazione con la quale divide alcune delle antiche sale, dove Roberto Reali e la moglie Giovanna hanno accolto con la loro abituale cortesia tutti i numerosi intervenuti.
Nell’occasione la scultrice Erika Trojer ha tenuto un’esposizione di sculture realizzate con parti di orologi e di sveglie: molto particolari e molto belle.
Vogliamo fare i nostri complimenti a «Real Time» sia per aver dato nuovo lustro ad un luogo storico di Milano, sia per la perfetta riuscita della manifestazione.
Ma, a proposito, cos’é «La Casa dello Zecchiere»?
«La sua storia inizia all’indomani della riforma monetaria promossa da Galeazzo Maria Sforza, tra il 1466 e il 1474. A quel tempo era un complesso articolato in più corpi di fabbrica, uno in fila all’altro. Dell’ala pubblica, però, più nulla resta. Quella che è arrivata fino a noi, da poco riportata all’antico splendore, è l’abitazione privata del Maestro della Zecca, al quale era affidato il controllo del flusso finanziario del ducato. E proprio a uno di loro, Bernardo Scaccabarozzi, personaggio di spicco ai tempi di Francesco II Sforza (1495-1535), è attribuita la commissione degli originali affreschi arrivati fino a noi, eseguiti da più mani all’inizio del Cinquecento.
Una storia avvincente, per ripercorrere la quale si passa da un “forziere”, nascosto nel sottosuolo, alle belle sale del pian terreno, fino al primo piano, dove si trovano gli affreschi più eccentrici e enigmatici, unici nel loro genere. Una galleria d’inquietanti presenze d’impronta nord europea più che italica, tanto da aver spinto alcuni studiosi a pensare che chi li ha realizzati debba aver visto di persona le opere di Hieronimus Bosch (1453-1516)» (dal notiziario FAI).
Aprile 21st, 2018 at 10:36
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